JOB-TO-BE-DONE

Cosa motiva i clienti ad acquistare i nostri prodotti? Ci aiuta a capirlo il “Il Jobs to be Done (JTBD)”

Tale teoria ci dice che i clienti non comprano prodotti o servizi in quanto tali; bensì li introducono nella loro vita per poterne migliorare un aspetto specifico. “Assumono” quindi i prodotti per essere aiutati a fare progressi verso la loro visione di migliorare sé stessi e la qualità della vita.

Alcuni esempi concreti:

Si decide di acquistare uno smartphone, non per la doppia fotocamera e i megapixel, ma per le bellissime foto che si possono realizzare durante le vacanze da mostrare agli amici o tenere come ricordo.

Oppure, Come affermato dal professor Theodore Levitt della Harvard Business School: “Le persone non vogliono acquistare un trapano da un quarto di pollice. Vogliono un buco di un quarto di pollice”

Il concetto di JTBD è stato sviluppato da Clayton Christensen, professore presso la Harvard Business School, ed è utilissimo per comprendere le esigenze dei clienti basandosi sulle loro motivazioni fondamentali. Questo strumento quindi aiuta a cambiare approccio verso il cliente e diventa un punto di partenza per l’innovazione ed un elemento critico nella definizione della nostra strategia.

Il marketing convenzionale in generale si concentra su aspetti demografici dei clienti, sulle caratteristiche dei prodotti e sulla differenziazione dell’offerta grazie a nuove caratteristiche e funzioni. La ”Jobs Theory” invece mira a identificare le dimensioni funzionali, sociali ed emotive che spiegano perché i clienti fanno le loro scelte. Detto in termini pratici: i consumatori hanno un lavoro da svolgere e dunque cercano di “assumere” il miglior prodotto o servizio per farlo.
In un’epoca dove la rivoluzione digitale sta cambiando il modo di fare business, non si può prescindere dalla centralità del consumatore. Se un’azienda vuole restare competitiva, deve conoscere bene la differenza tra cosa compra un cliente e perché lo compra e avere necessariamente l’obiettivo di creare un prodotto finale che sposi i gusti dei suoi clienti. Affinchè ciò avvenga, posizionare i propri prodotti come la “soluzione” a ciò che il cliente vuole fare, è fondamentale per il successo perché di fatto è il motivo per cui vengono acquistati.L’azienda deve mettersi nei panni del cliente e creare un prodotto o servizio su misura che risolva un’esigenza specifica.Cerchiamo ora di capire come funziona.

LE FASI DEL JOB TO BE DONE

Comprendere i lavori che i clienti desiderano svolgere, permette di identificare nuove opportunità e strategie di crescita grazie all’acquisizione informazioni utili a:

  • Individuare i bisogni reali dei clienti
  • Capire chi sono i competitor dal punto di vista del cliente, specialmente quelli non evidenti
  • Creare prodotti e servizi innovativi per risolvere problemi che non hanno ancora una soluzione
Questo è possibile attraverso un processo di approfondimento graduale attraverso i seguenti passaggi:
  • Individuazione del Job To Be Done – ovvero del problema o del bisogno che spinge una persona ad assumere quel determinato servizio o prodotto.
  • Validazione della soluzione individuata per risolvere il problema – attraverso, test, rilascio gratuito delle prime versioni del prodotto, interviste agli utenti, campagne marketing locali, etc. Se l’ipotesi iniziale è allineata alle aspettative del mercato si passa allo step successivo, altrimenti viene riconsiderata.
  • Validazione del prodotto nel mercato – attraverso la distribuzione massiva.
  • Crescita e sviluppo economico – grazie al successo delle vendite

Un valido esempio è quello dei milkshake di McDonald’s. Il colosso del fast food ha tentato in vari modi di aumentare le vendite dei suoi milkshake intervenedo sopratutto sui gusti offerti ma sempre senza risultato. Grazie alla teoria del Job To Be Done e all’osservazione dei comportamenti del cliente, Clayton Christensen ha concluso che le persone non acquistavano il milkshake per l’apporto calorico o per il gusto, ma cercavano un prodotto che durasse a lungo, comodo da bere durante una passeggiata o in macchina. A fronte di tali rilevazioni, McDonald’s attuò modifiche sul prodotto rendendolo più denso in modo che durasse di più, inserendolo in un bicchiere con la cannuccia, la cui forma si adattava perfettamente al portabibite dell’auto e rendendolo così comodo da bere durante la guida o durante una passeggiata. Per bere il nuovo frullato i clienti impiegavano in media 23 minuti e avevano sensazione di sazietà e compagnia. Le vendite si incrementarono di 7 volte grazie a queste modifiche.

INDIVIDUARE I CLIENTI IDEALI “BUYER PERSONA”

In pratica, stando a quello che abbiamo spiegato, tutti le energie e gli sforzi che non riescono a soddisfare appieno i bisogni di un consumatore, sono inutili. Per individuare correttamente i bisogni dei clienti una delle prime cose da fare è definire il target, ovvero specifiche persone che hanno degli interessi comuni e che si comportano in un determinato modo, di fatto coloro che potrebbero essere i potenziali clienti.

Ad esempio, nel caso di McDonald’s, sono stati i comportamenti di un gruppo di clienti con il medesimo bisogno a far capire a Clayton Christensen come riuscire a far aumentare le vendite di milkshake.

Per identificare il proprio target, le aziende possono avvalersi dello strumento del “buyer personas” ovvero una rappresentazione immaginaria dei clienti ideali che comprendono sia dati reali, come le informazioni personali e demografiche, sia riferimenti qualitativi immaginari, come le ambizioni, le sfide, le motivazioni e i modelli di comportamento condivisi da tutti i membri di un particolare cluster di riferimento.

Nello specifico, si intendono due tipologie di informazioni:
  • Informazioni demografiche: come età, posizione geografica e reddito.
  • Informazioni psicografiche: come interessi, comportamenti, obiettivi, ragioni d’acquisto e paure.
Per recuperare informazioni utili a costruire le buyer persona si possono utilizzare diversi metodi come:
  • Ricerche qualitative: interviste a clienti, focus group e ricerche etnografiche
  • Ricerche quantitative: analisi del traffico sul proprio sito, survey, raccolta dati esterno o altri dati interni all’azienda

Nell’economia digitale, avere una conoscenza approfondita delle proprie buyer personas è fondamentale per creare e/o migliorare i prodotti, nonchè creare strategie di marketing efficaci. Tutto ciò è possibile grazie alla raccolta dei dati che sono la risorsa di maggior valore strategico e possono definirsi i capisaldi di ogni strategia aziendale. Avere a disposizione i dati dei consumatori (comportamenti, trend, etc) significa intercettare il proprio target a cui offrire la soluzione per rispondere in modo mirato a determinati problemi o esigenze

In conclusione, mentre i prodotti vanno e vengono, il “lavoro da fare” dal punto di vista del consumatore, non cambia.

La maggior parte delle aziende credono di innovare cercando una soluzione per migliorare i prodotti già esistenti (creando ad esempio un trapano migliore), le aziende veramente ambiziose cercano una soluzione migliore per realizzare il lavoro (creare un buco di un quarto di pollice). Questa idea è al centro della teoria del Job To Be Done e deve essere anche al centro della strategia delle aziende. Il cambio di prospettiva è fondamentale: si smette di studiare il prodotto e si studiano le persone e ciò che stanno cercando di realizzare.

E tu? Hai già identificato il Jobs to be Done del tuo prodotto?

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